Era il giorno della festa del papà, era il 2011 ed era sera.
Mi iscrissi a Twitter perché notai il tastino social sotto il primo post che avevo scritto per il mio blog nuovo nuovo.
Non capivo niente di Twitter, ero solo su Facebook e quindi ragionavo in maniera bidirezionale: se io ti seguo e ti leggo, tu per forza segui e leggi me.
All’epoca Twitter ti invitava a twittare chiedendoti “cosa c’è di nuovo?”. E allora il mio primo tweet, che nessuno lesse mai perché avevo zero follower, recitava “di nuovo ci sono io!“.
Poi piano piano cominciai a capire, a twittare, ad interagire e soprattutto a seguire gli hashtag, tantissimi hashtag, tutti quelli che mi sembravano interessanti e che mi aiutavano a seguire persone interessanti. Molte di quelle persone, almeno per quanto riguarda i twitteri italiani, alla fine le ho incontrate offline e in molti casi le ho anche abbracciate e nel frattempo siamo diventati amici, oppure colleghi.
Colleghi. Già perché Twitter mi piaceva talmente tanto che per mesi e mesi ne sono rimasta rapita e ho trascorso tantissime ore al giorno a leggere tutto quello che passava nella timeline e ad interagire, senza l’obiettivo di ricavarne qualcosa, ma per puro piacere e con il desiderio di crescere e di capire meglio il mondo dei Social Media.
Poi due episodi che racconto spesso.
Posto una foto del mio primo figlio, aveva poco meno di un anno, e una rivista dedicata alla famiglia mi contatta con un messaggio privato, proprio su Twitter. Mi invitano in redazione, ci conosciamo, facciamo amicizia, e da allora collaboro saltuariamente con loro.
Il secondo episodio è ancora più eclatante.
Su Twitter seguivo una persona che mi stava molto simpatica, non avevo nemmeno letto la sua bio e non sapevo quale fosse il suo lavoro, ma aveva un bambino dell’età del mio e twittavamo di episodi di vita vissuta da mamme e papà, twittavamo battute, ci facevamo quattro risate. Quello che non sapevo era che lui era un web marketing manager, che stava mettendo in piedi una redazione per il blog della sua azienda e che aveva deciso di “mettermi sotto osservazione”. Allora non davo tanto peso al fatto che chiunque può seguirti per mesi, anni, sul web prima di contattarti per proporti un incarico.
Insomma ignara di tutto devo aver comunque fatto le mosse giuste su Twitter e sul mio blog e il mio amico di tweet mi ha ingaggiata (lavoro tutt’ora nella sua redazione di blogger, sono passati due anni e mezzo).
Da allora mi è capitato altre volte di ricevere richieste di preventivi o incarichi grazie a Twitter, il 50% del mio fatturato arriva direttamente o indirettamente da lì.
E ora qualche consiglio:
- non twittate con l’obiettivo di trovare lavoro o collaborazioni;
- twittate cercando di trasmettere le vostre competenze e i vostri interessi;
- siate voi stessi, o al massimo la bella copia di voi stessi (ma non barate);
- seguite la gente che vi sembra interessante, e non parlo solo della bio (anche se è un indicatore importante);
- seguite gli hashtag, soprattutto quelli legati agli eventi di vostro interesse, e intervenite se avete qualcosa di interessante da dire;
- twittate tanto, condividete quello che leggete in giro e che vi sembra interessante, ritwittate i tweet che condividete, quelli che avreste quasi voluto scrivere voi;
- esercitatevi a ragionare in 140 caratteri, così trasmettere dei pensieri di senso compiuto;
- interagite, si chiama social, bisogna socializzare.
Vi ho convinti?